IsoleBianche

VIII – La guida Hector – preparativi al viaggio.

 

Hector Vezirian è argentino, di Buenos Aires. Ma ha scelto di vivere a stretto contatto con la selva e il suo mondo. È ammalato di selvatichezza e non rimpiange affatto le comodità della metropoli e la vivacità di quella vita frenetica. Avremo tempo e modo di parlare di tutto questo, del perché sia finito in questo angolo di pianeta e si sia messo in testa di accompagnare i turisti in questi luoghi, ma la sua stretta di mano franca e forte presagisce tutto il suo entusiasmo di accoglierci qui, al pari del sorriso e della parlata rotonda e allegra del castigliano amerindio. In poche parole ci illustra la situazione.

Domani salperemo con la canoa d’alluminio che vediamo ormeggiata al pontile in basso, già in parte carica dei viveri e del materiale necessario alla nostra spedizione. Risaliremo il fiume per un giorno di navigazione fino a raggiungere il primo insediamento dei Matses, San Juan.

 

I due indios che vedo trafficare attorno alla canoa e a trasportare i carichi sono Armando e il figlio Denis, due Matses, appunto, che collaborano con Hector in questa attività. Armando è di statura bassa, il volto tatuato coi segni tipici della tribù, una sottile linea segmentata a unire la bocca con la base delle orecchie. Indossa una maglietta azzurra della nazionale di calcio italiana con tanto di stemma tricolore. Dono di qualche connazionale che ci ha preceduto? A giudicare dallo stato non sembra nemmeno che l’ignoto donatore ci abbia preceduto da molto tempo. Ciò mi lascia perplesso, ma è presto per trarre conclusioni. A parte questo, i tratti somatici di Armando sono tipici delle popolazioni che vivono in queste zone dell’America Latina e non differiscono in nulla dalla maggior parte della gente che ho già visto a Iquitos. Denis, addirittura, non ha nemmeno l’atteggiamento o il modo di porsi che ti aspetteresti da un indio della selva. Lo vedi subito, è un ragazzo moderno, inseparabile dal suo cellulare Samsung, con l’aria un po’ canzonatoria e un’espressione sbruffoncella da bullo di paese. Hector li tratta con grande confidenza. Saranno i nostri compagni di viaggio e le nostre guide, alle quali ci affideremo con inossidabile fiducia. Da qui in poi saremo completamente nelle loro mani.

 

Prima di partire, però, ci sono le ultime formalità da sbrigare, mi dice Hector. Debbo recarmi subito all’ufficio di polizia a registrare il nostro arrivo a Colonia Angàmos e l’itinerario della spedizione. Tutti i forestieri che transitano sul fiume sono infatti monitorati dalla Polizia. Siamo in un posto di frontiera, dopotutto, e gli unici abitanti che viaggiano sul fiume senza tanti controlli sono gli indios appunto, che vivono in piccole comunità e agglomerati famigliari di qua e di là dal confine. Di fatto ci troviamo già nel territorio dei Matses, un territorio vastissimo che si estende in buona parte anche in Brasile; territorio non ancora del tutto esplorato dove gli indios si spostano per cacciare e coltivare piccole porzioni di terreno sottratto alla foresta.

 

Un ragazzotto piuttosto annoiato sembra presidiare la monumentale scrivania di legno massiccio come un fante nella trincea di questa vasta sala disadorna di squallida solitudine. Il grigiore del cielo filtra appena dai vetri luridi della porta per arenarsi nella spossatezza di muri incrostati di avvisi e annunci di ricercati sbiaditi nell’afonia dell’inutile. La divisa gli si affloscia sulle spalle mentre con la stanchezza della noia il ragazzotto cerca di dare un senso alla sua ragione di esistere in quel luogo e in quel tempo, chiedendomi nome cognome e nazionalità. Poi mi guarda incredulo quando gli rispondo la ragione del mio essere in quel luogo e in quell’ora. Ragioni opposte e inconciliabili tra il suo desiderio di fuggire in qualche città, a Iquitos, a Lima, magari, e il mio di abbandonare la civiltà e infilarmi nella selva oscura. Non ci sono molte cose da dire, ma il ripetermi le domande costituisce il suo unico diversivo che avrà da raccontare a sé stesso e agli altri commilitoni per archiviare la giornata.

 

 

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